sabato 26 luglio 2014

Un biglietto in mezzo al mare, di Antonio Tabucchi - Educare Narrando


UN BIGLIETTO IN MEZZO AL MARE


Mia Cara,
credo che il diametro di quest'isola non superi i cinquanta chilometri, al massimo. C'è una strada costiera che la gira tutta in tondo, stretta, spesso a picco sul mare, altrimenti pianeggiando in coste brulle che scendono a solitarie spiaggette di ghiaia orlate di tamerici bruciate dal salino, e in alcune a volte mi fermo. Da una di queste ti parlo, a bassa voce, perché il meriggio e il mare e questa luce bianca ti hanno fatto chiudere le palpebre, stesa qui accanto a me, vedo il tuo seno che si solleva al ritmo pausato della respirazione di chi sta dormendo e non voglio svegliarti. Come piacerebbe questo luogo a certi poeti che conosciamo, perché è così scabro, essenziale, fatto di pietre, montagnole brulle, spini, capre. Mi è perfino venuto da pensare che quest'isola non esista, e di averla trovata solo perché la stavo immaginando. Non è un luogo, è un buco: intendo della rete. C'è una rete nella quale pare sia ormai impossibile non essere catturati, ed è una rete a strascico. In questa rete io insisto a cercare buchi. Ora mi pareva quasi di aver sentito la tua risatina ironica: "E dàgli, ci risiamo!". E invece no: hai le palpebre chiuse e non ti sei mossa. Me lo sono solo immaginato. Che ore saranno? Non ho portato l'orologio, che del resto qui è del tutto superfluo.

Ma ti stavo descrivendo questo luogo. La prima cosa a cui fa pensare è a com'è troppo il troppo che il nostro tempo ci offre, almeno a noi che per fortuna stiamo dalla parte migliore. Invece guarda le capre: sopravvivono con niente, mangiano anche i pruni e leccano perfino il sale. Quanto più le guardo, più mi piacciono, le capre. Su questa spiaggetta ce n'è sette o otto che si aggirano fra i sassi, senza pastore, probabilmente appartengono ai proprietari della casetta dove mi sono fermato a mezzogiorno. C'è una specie di caffè sotto un'incannicciata dove si possono mangiare olive, formaggio e melone. La vecchietta che mi ha servito è sorda e ho dovuto gridare per chiedere queste poche cose, mi ha detto che suo marito arrivava subito, ma suo marito non l'ho visto, forse è una sua fantasia, oppure ho capito male. Il formaggio lo fa lei con le sue mani, mi ha portato nel cortile di casa, uno spiazzo polveroso circondato da un muro a secco pieno di cardi dove c'è l'ovile delle caprette. Le ho fatto un segno con la mano a falce, come per significare che dovrebbe tagliare i cardi che bucano e nei quali si inciampa. Lei mi ha risposto con un segno identico, ma più deciso. Chissà cosa voleva dire con quella mano che tagliava l'aria come una lama. Accanto alle stalle il casale si prolunga in una specie di cantina scavata nella roccia dove lei fabbrica il suo formaggio, che è poco più di una ricotta salata fatta stagionare al buio, con una crosta rossastra di peperoncino. Il suo laboratorio è una stanza scavata nella pietra, freschina, direi gelida. C'è uno scrematoio di granito dove lascia cagliare il latte e un mastello dove lavora il siero, su una tavola rugosa e inclinata sulla quale impasta il caglio come se fossero dei panni su un lavatoio, strizzandolo perché ne esca tutta l'acqua; e poi lo infila in due forme dove esso rassoda, sono forme di legno che si aprono e si chiudono a morsa, una è rotonda, e questo è normale, mentre l'altra ha la figura di un asso di picche, o almeno a me è sembrato così, perché ricorda il seme delle nostre carte da gioco. Ho comprato una forma di formaggio e avrei voluto quella fatta come l'asso di picche, ma la vecchia me l'ha rifiutata e mi sono dovuto accontentare di quella rotonda. Le ho chiesto una spiegazione e ne ho cavato dei mugugni sgraziati e gutturali, quasi stridenti, accompagnati da gesti indecifrabili: si circondava la circonferenza del ventre e si toccava il cuore. Chissà: forse voleva significare che quel tipo di formaggio è riservato solo a certe cerimonie essenziali alla vita: la nascita, la morte. Ma come ti dicevo, forse è solo l'interpretazione della mia fantasia che di sovente galoppa, come sai. Ad ogni modo il formaggio è squisito, fra queste due fette di pane scuro che sto mangiando dopo avervi versato un filo d'olio d'oliva, che qui non manca, e qualche foglia di timo che condisce ogni piatto, dal pesce al coniglio selvatico. Avrei voluto chiederti se anche tu avevi appetito: guarda, è squisito, ti ho detto, è una cosa irripetibile, fra un po' sarà sparito anche lui nella rete che ci sta avvolgendo, per questo formaggio non ci sono buchi né vie d'uscita, approfittane. Ma non volevo disturbarti, era così bello il tuo sonno, e cosí giusto, e ho taciuto. Ho visto passare un bastimento in lontananza e ho pensato alla parola che ti stavo scrivendo: bastimento. Ho visto passare un bastimento carico di?... Indovina.

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